lunedì 30 aprile 2018

Un Primo Maggio di tanti anni fa? (Pubblicazione originaria su “La rivendicazione” del 26 Aprile 1890)

Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento.
Nei Congressi di Parigi, ai quali pure noi prendemmo parte, fu deliberato che in tutto il mondo dovesse nascere un’agitazione seria, ponderatissima, per la giornata legale di 8 ore di lavoro: e che questa avesse principio col 1° Maggio prossimo venturo.
La deliberazione fu accolta ovunque, in Francia come in Italia, in Austria come in Germania, nella Svizzera come in Portogallo, ecc. ecc…
Infatti regolare con un metodo generale la durata del lavoro in tutte le industrie, per tutti i popoli e per tutti i climi, è cosa equa, giusta, è cosa santa, la quale i governi, i privati, gli studiosi di cose economiche, gli uomini di cuore infine devono appoggiare, devono applaudire.
Tutti gli operai, schiavi della proprietà individuale e del privilegio, cessino di lasciarsi dominare dai padroni, dagli sfruttatori e inizino una buona volta l’Era nuova del lavoro umanamente praticato e sostenuto. Cessino gli operai delle varie nazioni del mondo di classificarsi stranieri gli uni agli altri, e affratellati nella sventura, nell’officina come nel campo, imparino ad amarsi e a rivendicare quei diritti che sono di tutti, come di tutti è la terra che si abita e l’aria che si respira.
Il primo Maggio affermerà un principio e gl’italiani non devono essere secondi in questa affermazione, siccome quella che può dare il primo crollo all’attuale edificio sociale, basato appunto sullo sfruttamento continuo, perenne del padrone sul salariato, del capitale sul lavoro.
I bisogni del Quarto Stato si fanno sempre più sentiti e i doveri si impongono in guisa tale che non ponno stare all’unisono con ciò che l’ambiente e le esigenze dell’oggi richiedono.
Si mettano dunque d’accordo tutti gli operai del mondo per rendere solenne questa festa, unendo cioè gli sforzi dell’uno e quegli dell’altro e ottenere così ciò che è reclamato da una legge di giustizia resa forte dalle affermazioni anche di un autocrata.
La questione delle 8 ore di lavoro vuol significare diminuzione di produzione, quindi maggior bisogno di braccia e conseguentemente minor numero di disoccupati, di spostati.
Reclamiamo in oggi questa riduzione e domani subito ne sentiremo i benefici risultati: non facciamo-ci per ciò imporre e camminiamo innanzi a bandiera spiegata. 
Nessun ostacolo ci vinca: quando si vuole tutto si puote… è codesta natura di forti! … i forti siamo noi e lo saremo maggiormente se mostreremo di conoscere i nostri diritti e di non disconoscere i nostri doveri! 
Viva il primo Maggio.  (Pubblicato originariamente su “La rivendicazione” del 26 Aprile 1890 – ripubblicato a cura di Romano Zucca sul Giornalino informativo del Club Ausonia di Maggio 2008.)



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