lunedì 30 aprile 2018

Un Primo Maggio di tanti anni fa? (Pubblicazione originaria su “La rivendicazione” del 26 Aprile 1890)

Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento.
Nei Congressi di Parigi, ai quali pure noi prendemmo parte, fu deliberato che in tutto il mondo dovesse nascere un’agitazione seria, ponderatissima, per la giornata legale di 8 ore di lavoro: e che questa avesse principio col 1° Maggio prossimo venturo.
La deliberazione fu accolta ovunque, in Francia come in Italia, in Austria come in Germania, nella Svizzera come in Portogallo, ecc. ecc…
Infatti regolare con un metodo generale la durata del lavoro in tutte le industrie, per tutti i popoli e per tutti i climi, è cosa equa, giusta, è cosa santa, la quale i governi, i privati, gli studiosi di cose economiche, gli uomini di cuore infine devono appoggiare, devono applaudire.
Tutti gli operai, schiavi della proprietà individuale e del privilegio, cessino di lasciarsi dominare dai padroni, dagli sfruttatori e inizino una buona volta l’Era nuova del lavoro umanamente praticato e sostenuto. Cessino gli operai delle varie nazioni del mondo di classificarsi stranieri gli uni agli altri, e affratellati nella sventura, nell’officina come nel campo, imparino ad amarsi e a rivendicare quei diritti che sono di tutti, come di tutti è la terra che si abita e l’aria che si respira.
Il primo Maggio affermerà un principio e gl’italiani non devono essere secondi in questa affermazione, siccome quella che può dare il primo crollo all’attuale edificio sociale, basato appunto sullo sfruttamento continuo, perenne del padrone sul salariato, del capitale sul lavoro.
I bisogni del Quarto Stato si fanno sempre più sentiti e i doveri si impongono in guisa tale che non ponno stare all’unisono con ciò che l’ambiente e le esigenze dell’oggi richiedono.
Si mettano dunque d’accordo tutti gli operai del mondo per rendere solenne questa festa, unendo cioè gli sforzi dell’uno e quegli dell’altro e ottenere così ciò che è reclamato da una legge di giustizia resa forte dalle affermazioni anche di un autocrata.
La questione delle 8 ore di lavoro vuol significare diminuzione di produzione, quindi maggior bisogno di braccia e conseguentemente minor numero di disoccupati, di spostati.
Reclamiamo in oggi questa riduzione e domani subito ne sentiremo i benefici risultati: non facciamo-ci per ciò imporre e camminiamo innanzi a bandiera spiegata. 
Nessun ostacolo ci vinca: quando si vuole tutto si puote… è codesta natura di forti! … i forti siamo noi e lo saremo maggiormente se mostreremo di conoscere i nostri diritti e di non disconoscere i nostri doveri! 
Viva il primo Maggio.  (Pubblicato originariamente su “La rivendicazione” del 26 Aprile 1890 – ripubblicato a cura di Romano Zucca sul Giornalino informativo del Club Ausonia di Maggio 2008.)



Le Tremiti senza plastica: Davide contro Golia

Il sindaco: “Uccidono il mare, dovevamo fare qualcosa subito” 
«Basta guardare quanto è cristallino il nostro mare (spesso Bandiera blu, ndr) per vedere che è sano. Ma le microplastiche sono un male diverso, invisibile, probabilmente l’hanno registrato al largo da qui. Se ci sono è perché l’uomo continua a inquinare: le acque italiane sono afflitte da plastica, pescherecci e tonnare, sondaggi petroliferi, polistirolo e inquinanti. Se vogliamo cambiare le cose, da qualche parte dobbiamo pure cominciare. Lo faremo da qui».
Sarà un cambiamento graduale ma intenso. «Ho firmato l’ordinanza pochi giorni fa, in modo che i residenti abbiano il tempo per informarsi e recepirla. Ogni esercizio potrà rifornirsi di contenitori e buste biodegradabili dove crede e iniziare a usarle. All’inizio saremo soft, ma poi arriveranno le multe per chi trasgredirà».
Dal primo maggio vietate le stoviglie monouso. In vendita soltanto quelle biodegradabili
Il sogno di un’estate senza plastica ha il profumo della rivolta e la forza del cambiamento. Nasce da un comune piccolissimo, le Isole Tremiti: il sindaco dell’arcipelago che ospita poco più di 500 abitanti spalmati su quattro chilometri quadrati ha infatti deciso - per legge - che dal primo maggio sulle isole saranno vietate tutte le stoviglie di plastica. Pochi giorni fa ha firmato l’ordinanza: niente piatti per i picnic, no a bicchieri per la birra e il caffè, basta con coltelli e forchette, addio ai contenitori monouso. In vendita si troveranno solo materiali biodegradabili. Per gli esercenti e i cittadini che trasgrediranno sono pronte multe fra i 50 e i 500 euro.
È forse uno dei primi sforzi di questo tipo in Italia, messo nero su bianco in un’ordinanza, per arginare un fenomeno divenuto ormai planetario: ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani.

Una scelta nata per salvaguardare un territorio protetto, che i politici non capiscono. Infatti continuano ad autorizzare le Trivellazioni per la ricerca di idrocarburi nell´Adriatico, senza preoccuparsi di eventuali disastri alla bellezza del nostro mare e dei fondali, per pochi spiccioli di euro. Quando si potrebbe pensare di incentivare il turismo, consapevole, che farebbe molto bene alla natura del nostro mare e alle casse dei nostri comuni.




domenica 29 aprile 2018

I predatori della Terra...dei paesi poveri.


Una comunità di contadini da un anno si batte contro un accordo tra il proprio comune e una grande compagnia indiana di agro-business che assegna mille ettari di terreni coltivati alla produzione intensiva di patate. Una battaglia che la dice lunga sulle politiche di accaparramento di terre in Africa.

Hindou è coordinatrice dell’Associazione delle donne peul e dei popoli autoctoni del Ciad. Combatte i “nuovi agricoltori” - ministri, generali, persone o potenti – che prendono la terra fino a esaurirne le risorse e generando conflitti tra le comunità indigene.

Solo nel 2016 in tutto il mondo sono stati uccisi 200 difensori della terra. Non sono supereroi, ma contadini e attivisti, spesso donne, che si sono battuti, e hanno perso la vita, per evitare che i loro campi, soprattutto nei Paesi nel Sud del mondo, venissero venduti o dati in affitto a imprese, spesso multinazionali con sedi in piccoli stati che operano come piattaforme per le operazioni delle multinazionali e di società finanziarie.

«Il “land grabbing” (fenomeno dell´accaparramento della terra) si sta diffondendo grazie a governi locali che sono consenzienti con le imprese multinazionali e con un modello di agro-business che rende i contadini schiavi. Io stesso sono stato il testimone diretto del suicidio di un coltivatore di pomodoro del Burkina Faso, che si è tolto la vita, dopo aver ammazzato i suoi due figli perché non è riuscito a vendere il suo raccolto. L’altra alternativa era la fuga verso le grandi città del Sud del mondo, oppure le grandi migrazioni. Non si può far finta di niente» 


C’è un problema di coerenza nei rapporti con il Sud del mondo perché non si può dare con una mano e prendere con l’altra. Dal punto di vista dei risultati sarebbe più utile bloccare l’espansione delle imprese italiane, che sostenere economicamente i programmi di cooperazione.

Anche l’Italia è protagonista del “land grabbing”.   
Secondo l’International Land Coalition, le imprese italiane sarebbero partite alla conquista di almeno un milione di ettari in Africa (e un altro milione è stato acquistato da Benetton in Argentina). Tra le imprese coinvolte, c’è l’Eni nell’Rd Congo (180mila ettari), l’Agroils di Firenze in Marocco, Senegal, Camerun, Ghana (250mila) e il gruppo finanziario Green Waves, che ha preso il controllo di 250mila ettari coltivati a girasole per biocarburanti in Benin.








sabato 28 aprile 2018

Tap: vincoli paesaggistici? Per il ministero dello Sviluppo Economico non esistono

Un sindaco che diffida. Magistrati Leccesi che sequestrano una porzione del cantiere del gasdotto Tap. Possibile che abbiano preso un granchio colossale?
Secondo loro le autorizzazioni rilasciate dal ministero dello Sviluppo Economico avrebbero ignorati i vincoli paesaggistici esistenti a Melendugno, nel Salento.

C. R. legale rappresentante di Tap, risulta indagata per i reati di opere eseguite in assenza di autorizzazione, distruzione e deturpamento di bellezze naturali, distruzione o deterioramento di piantate di alberi e abusivismo in aree sottoposte a vincolo.

Il nodo riguarda il vincolo paesaggistico, che non c’è secondo Liliana Panei, la dirigente del ministero dello Sviluppo Economico che il 14 marzo scorso ha accolto la richiesta presentata dalla società di variante in corso d’opera, per eseguire i nuovi espianti e reimpianti dal 24 aprile al 15 luglio. “Dalla Carta dei Vincoli – è testualmente riportato nel decreto a sua firma – risulta che la nuova recinzione (che delimita le zone in cui avviare il nuovo cantiere, nda) non interessa aree soggette a vincoli paesaggistici o ambientali”. “Affermazione del tutto falsa – ha scritto il sindaco nella diffida – in quanto su tutte le carte riportanti i vincoli tale area ricade in zona a vincolo paesaggistico”. Che è presente già dagli inizi degli anni Settanta, recepita da ultimo nel Piano paesaggistico territoriale regionale.

Nell´ambito della inchiesta riaperta a gennaio della quale, tre giorni fa, sono stati conferiti gli incarichi ai fini della superperizia che, in seno all’incidente probatorio, costituirà la prova del nove. Servirà a capire, infatti, se Tap e il segmento Snam, che per 55 chilometri unisce il primo alla rete nazionale del gas, vadano considerati come unica opera e, se sì, se vada applicata la normativa Seveso sul rischio di incidenti rilevanti. Un passaggio che potrebbe rimettere in discussione tutto.



venerdì 27 aprile 2018

Sindaco leghista prima nega cittadinanza a donna indiana...e poi si dá al giardinaggio: 2 braccia rubate all´agricoltura.


Risultati immagini per giardiniere che taglia erba

 Il «Corriere della Sera» racconta: «La signora Rani Puspha, indiana, da 15 anni in Italia non riesce a prendere la cittadinanza italiana, "Non sa l’italiano"».
A negargliela Paolo Mazzucchelli, sindaco leghista di Cairate, in provincia di Varese, il comune dove la signora Puspha vive con il marito e due figli: "Sono già andata tante volte a chiedere di poter fare il giuramento – racconta la donna – ma non mi è stato permesso.
Ora vado in una scuola di italiano da due mesi e il mio linguaggio sta migliorando".
Ministero e prefettura le hanno già accordato il nullaosta per avere la cittadinanza, manca solo il giuramento in Comune».
Il sindaco Precisa : «La persona che presta giuramento per ottenere la cittadinanza italiana deve saper parlare italiano - afferma in una lettera sulla vicenda - lo prevede la legge, deve saper leggere la Costituzione.
La signora Rani non era ancora pronta.
Non c’è nessuna discriminazione, faccio due cittadinanze alla settimana, ma sempre con persone che parlano italiano».
Non metto in discussione il fatto che la signora Rani non sappia l'italiano.

Ma il sindaco Mazzucchelli lo sa l´italiano? si domanda il Corriere? Dire «faccio due cittadinanze alla settimana» non è il massimo della correttezza.

Forse le critiche del Corriere hanno colpito profondamente il sindaco leghista, o forse la rabbia dei genitori dei bimbi dell´asilo stava superando i livelli di guardia....sta di fatto che il sindaco Mazzucchelli per un giorno ha tagliato l’erba del parco dell’asilo. 
Un parco, che una trentina di bambini non poteva ancora sfruttare vista l’erba eccessivamente alta. Tutto perché la gara d’appalto del verde è scaduta e, nel frattempo, il municipio ha avviato le pratiche per la nuova gara e la variazione in bilancio per reperire le risorse.
Un papà volenteroso c’era - pure giardiniere di professione - ma avrebbe dovuto essere iscritto all’albo dei volontari, stipulare un’assicurazione e avere la relativa copertura.

Ecco, forse il Corriere piú che a fare le pulci sull´uso corretto della lingua del Manzoni, dovrebbe valutare il sindaco Mazzucchelli sul suo operato di amministratore pubblico. Ha fatto scadere un appalto, senza predisporre per tempo una nuova gara. E per di piú non é riuscito a regolarizzare il papá, volenteroso che avrebbe tagliato l´erba gratis.



giovedì 26 aprile 2018

Sigillare i Confini ed espellere i Clandestini, facile da dirsi ma difficile da farsi.

L’immigrazione "è una questione urgentissima", aveva detto il leader Berlusconi, perché dopo gli anni di governo “della sinistra” ci sono 600mila migranti che “non hanno diritto di restare”, che rappresentano “un bomba sociale pronta a esplodere, perché pronti a compiere reati”.
Salvini, per non essere da meno, Difendere i Confini ed Espellere  i Clandestini.
Molto facile da dirsi, ma molto difficile da realizzare. Anche se a loro non importa molto risolvere i problemi, a loro interessa seminare esclusivamente paura.
Di quanto sia difficile passare dagli slogans politici alla pratica, si vuole portare lésperienza di Israele, un paese "in guerra" militarizzato abbastanza per proteggere i propri confini e a usare la forza (e non solo quella politca) per realizzare un obiettivo.

I profughi che si trovano in Israele sono circa 42 mila (la maggior parte entrata dal confine con l´Egitto).
Israele aveva lanciato un primo programma di espulsione per decine di migliaia di migranti irregolari: quelli che accettevano la proposta ottenevano un biglietto aereo e l'equivalente di quasi tremila euro.
L'annuncio del progetto del governo israeliano fu presentato come un programma per indurre quasi 40.000 migranti irregolari a scegliere, tra deportazione e carcere.

Ma il piano aggressivo di espulsione da parte del governo israeliano non riuscí per vari motivi. Ad incominciare dai pochi paesi Africani favorevoli a riaccogliere gli Emigrati, poi per la crescente mobilitazione della Societá progressista Ebraica e non da ultimo il rifiuto dei piloti della compagnia El Al (la principale compagnia aerea e la compagnia di bandiera di Israele) di trasportare in Africa i rifugiati eritrei e sudanesi.

Allora Israele, ha tentato un accordo con l´ONU. Con tale accordo, Israele avrebbe inviato fino a 16.500 Immigrati, richiedenti asilo da ricollocare in cinque anni in Paesi occidentali quali il «Canada, la Germania e l'Italia.

Ma anche questo piano é fallito (non per l´opposizione dell´Italia, che non ne sapeva nula, ma per la pressioni politiche di quella parte della destra di Israele, che riteneva l´accordo molto favorevole agli Immigrati).

Infine ieri 24 aprile, Israele ha ammesso in tribunale martedì che il suo piano per trasferire i richiedenti asilo africani è fallito e che attualmente non esiste la possibilità di deportarli forzatamente.Israele ha dovuto ammettere che il piano per ricollocare i richiedenti asilo è crollato definitivamente. 





mercoledì 25 aprile 2018

75 anni fa un pugno di eroi abruzzesi, dette vita alla Brigata Maiella

Rappresentazione teatrale della straordinaria storia della brigata Maiella - Partigiani senza partito e soldati senza stellette-.
La compagnia teatrale abruzzese Compagnia dei Guasconi di Pescara, porta in scena uno spettacolo dal titolo "Banditen - I partigiani che salvarono l'Italia". Lo spettacolo racconta la storia della Brigata Maiella, unica formazione partigiana italiana a ricevere la medaglia d'oro al valore militare e l'unica a continuare a combattere anche dopo la liberazione del proprio territorio d'appartenenza. Il lavoro è il frutto di una ricerca storica lunga ed accurata, durata più di un anno, articolata in interviste, studi di pubblicazioni esistenti, e approfondimenti sul materiale presente nell'Archivio di Stato di Chieti. 

clicca x vedere Brigata Maiella


Bologna: omaggio alla Brigata Maiella che partecipó alla liberazione della cittá il 21 aprile 1945. 
É incisa la scritta: Sulle strade della Brigata Maiella il lungo cammino per la libertá.



Bologna 23 aprile: lo sfregio, le offese di vandali, alle rocce della memoria. Che profonda tristezza.



martedì 24 aprile 2018

La grande Stampa italiana: strumento perfetto di disinformazione di massa.

Per un giorno gli italiani, sono inorriditi dalla lettura della giovane pakistana - Sana - che si era innamorata di un italiano, e per questo era stata sgozzata da padre e fratello. Tutti i giornali cartacei italiani, a parte poche eccezioni, ne riportavano la foto in prima pagina.
E i giornalisti, riprendendo le dichiarazioni anche di qualche politico scrivevano:
Questa inciviltà razzista deve essere messa al bando in Italia. E bisogna che questo eclatante e drammatico femminicidio diventi la prima notizia per tutti. Mentre invece alcuni hanno una indignazione a fasi alterne e, in questo caso, non avranno il coraggio di denunciare le aggravanti razziste che caratterizzano questo crimine orrendo''. Poi l'affondo della Meloni: "Da queste 'culture' che piacciono tanto alla sinistra non abbiamo niente da imparare. Un pensiero commosso per Sana e per tutte le vittime di un fondamentalismo tribale che considera la donna un essere inferiore all'uomo, da uccidere come fosse carne da macello".

Ma stranamente una tale notizia non veniva riportata in prima pagina dagli altri giornali europei. Come non era riportata neanche dai quotidiani pakistani in lingua inglese e neanche dal sito del Congresso Cristiano del Pakistan ( che parlava di una giovane bruciata, ma non di Sana). E neanche nemmeno i siti di informazione di Gujrat, confermavano l’omicidio, tanto meno i due fermi».

Poi nel tardi pomeriggio di domenica alcuni giornali iniziano a scrivere che Sana sarebbe morta per infarto.

Insomma tutto ció che sembrava assolutamente vero da sabato pomeriggio, pubblicato in prima pagina domenica mattina,  non era piú cosí tanto vero....anzi forse era una notizia tutta da verificare.

Ecco di fronte a notizie dubbie, viene da chiedersi perché la stampa, i giornalisti non adottano un comportamento etico molto basilare: si scrive di ció che succede e che ha riscontri oggettivi, non si scrive di ipotesi, spacciandoli come fatti avvenuti e verificati.

A meno che l´obiettivo della grande stampa italiana era veicolare i sentimenti di noi cittadini, intenti a digerire la "trattativa stato mafia con tutti i risvolti politici del caso e di Berlusconi in particolare, contro altri popoli, altre culture che accettano persino lo "sgozzamento" di una figlia, di una sorella. 

Insomma la stampa italiana, non é affatto un cane da guardia della democrazia. Questo è il ruolo che dovrebbe svolgere in una società democratica, secondo una formula ripetutamente utilizzata, con lessico anglosassone, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’immagine è ricca di indicazioni. Il buon cane da guardia gira libero attorno alla casa, orecchie tese e naso al vento.
E abbaia, anche più forte del necessario e qualche volta deve mordere.






lunedì 23 aprile 2018

SANITÀ Trentina, liste di Attesa: la chiamate buona organizzazione?

In una lettera personale M.I nel ricordare la sua vicissitudine per prenotare una visita, si chiede: 
Ma non è che dav­ve­ro si sta sman­tel­lan­do la sa­ni­tà pub­bli­ca? Lo chia­ma­te pro­gres­so ed ef­fi­cien­za? E sia­mo in una pro­vin­cia au­to­no­ma. Di­te­mi se sie­te an­co­ra con­vin­ti del­la buo­na or­ga­niz­za­zio­ne del­la sa­ni­tà tren­ti­na.

Il Capo Redattore del Corriere del Trentino in pratica non risponde affatto alle domande poste e la gira in lungo e in largo, non accorgendosi che cosí facendo afferma di fatto della dubitabile buona organizzazione della Sanitá in Trentino.
Che cosa risponde?
1 - Bisogna tralasciare i l mondo "social media" dove al­ber­ga­no sen­ti­men­ti con­di­zio­na­ti mol­to spes­so da vi­cen­de trop­po per­so­na­li (Ma Sono le vicende troppo personali che mettono a nudo l´efficienza o l´inefficienza del sistema, mica le belle frasi di un Assessore alla Sanitá o di un Direttore Generale che parlano sempre di Eccellenza, e non devono rispondere a domande precise e putuali dei giornalisti  invitati, non invitano mica i poveri cristi, che potrebbero portare vicende concrete troppo personali)
2 - Se si scantina sulle liste di attesa la per­ce­zio­ne è di tro­var­si den­tro una sa­ni­tà «ma­la­ta», po­co or­ga­niz­za­ta, per nul­la ras­si­cu­ran­te (non é una percezione ma vicende troppo personali, quindi o vere o false)
3 - Il si­ste­ma tren­ti­no, pur nel­le sue pa­le­si dif­fi­col­tà quo­ti­dia­ne, rap­pre­sen­ta an­co­ra un’ec­cel­len­za. Po­trei di­lun­gar­mi sul­la pro­fes­sio­na­li­tà del per­so­na­le me­di­co e in­fer­mie­ri­sti­co, fac­cio in­ve­ce ri­fe­ri­men­to all’ac­cor­do sti­pu­la­to l’al­tro gior­no tra Tren­to e Fi­ren­ze sull’on­co­lo­gia pe­dia­tri­ca. Un pas­so im­por­tan­te per ren­de­re sem­pre più ope­ra­ti­va Pro­ton­te­ra­pia, un pro­get­to che si tra­sci­ne­rà sem­pre die­tro gran­di po­le­mi­che, ( In effetti era la domanda diretta di M.I. Lo chia­ma­te pro­gres­so ed ef­fi­cien­za?  Anche in questo il nostro giornalista non azzecca la risposta portando ad esempio la Protonterapia, che con le sue stesse parole, si trascinerá sempre dietro grandi polemiche. Bontá sua, ma ora c´é e bisogna farla funzionare bene......ma non cita le osservazioni della  letteratura medica a riguardo.


I dati esistenti non suggeriscono che la rapida espansione della Pro­ton­te­ra­pia come modalità di trattamento principale sarebbe appropriata. Sono necessarie ulteriori ricerche sulla clinica e sull'efficacia dei costi di Pro­ton­te­ra­pia. La formazione di un registro europeo per la terapia adrenerica offrirebbe un modo semplice per accelerare la velocità con cui otteniamo prove di alta qualità che potrebbero essere utilizzate per valutare il ruolo della Pro­ton­te­ra­pia nella gestione del cancro.




Lettera di M.I. 
So­no an­da­to dal me­di­co per un for­te at­tac­co di ar­tri­te reu­ma­toi­de, ma­lat­tia au­toim­mu­ne di cui sof­fro da qual­che an­no, per for­tu­na in mi­su­ra con­trol­la­ta e an­co­ra ri­dot­ta. Ogni tan­to ca­pi­ta pe­rò di su­bi­re un at­tac­co e, quan­do ar­ri­va, è mol­to do­lo­ro­so e fa­sti­dio­so. Be­ne, il mio me­di­co di ba­se mi fa il cer­ti­fi­ca­to di ri­chie­sta vi­si­ta «Rao B», cioè tem­pi di at­te­sa mas­si­mo 10 gior­ni, che già co­mun­que so­no tan­ti quan­do hai do­lo­ri dif­fu­si. Da­ta del­la ri­chie­sta del me­di­co: 5 apri­le 2018. Te­le­fo­no al Cup il gior­no stes­so. Ri­spo­sta: la ri­chia­mia­mo noi per­ché non ab­bia­mo da­te di­spo­ni­bi­li. Ho ri­chia­ma­to io al­tre due vol­te nei gior­ni a se­gui­re, a og­gi nes­sun ri­scon­tro. Ri­chia­mo il mio me­di­co di ba­se e mi con­si­glia di fa­re ri­cor­so al so­li­to Cor­ti­so­ne, men­tre aspet­to la vi­si­ta. Ce­do per di­spe­ra­zio­ne, per dor­mi­re la not­te e per to­glier­mi il do­lo­re: mi com­pli­men­to con la sa­ni­tà tren­ti­na, che pa­re dav­ve­ro ef­fi­cien­te a det­ta di mol­ti. E, da un gi­ro sui so­cial, sco­pro che la si­tua­zio­ne di inef­fi­cien­za strut­tu­ra­le ri­guar­da mol­ti set­to­ri e mol­te per­so­ne. Ma non è che dav­ve­ro si sta sman­tel­lan­do la sa­ni­tà pub­bli­ca? Lo chia­ma­te pro­gres­so ed ef­fi­cien­za? E sia­mo in una pro­vin­cia au­to­no­ma. Di­te­mi se sie­te an­co­ra con­vin­ti del­la buo­na or­ga­niz­za­zio­ne del­la sa­ni­tà tren­ti­na.


Risposta del caporedattore, Ca­ro I,

Par­la­re di sa­ni­tà non è mai fa­ci­le. Tra­la­sce­rei, pe­rò, co­me parametro di giu­di­zio il mon­do so­cial, do­ve al­ber­ga­no sen­ti­men­ti con­di­zio­na­ti mol­to spes­so da vi­cen­de trop­po per­so­na­li. So­no le­git­ti­me, ma non aiu­ta­no a da­re una let­tu­ra a 360 gra­di del­la si­tua­zio­ne in cui ver­sa la sa­ni­tà tren­ti­na.
So­no le­git­ti­me, ma non aiu­ta­no a da­re una let­tu­ra a 360 gra­di del­la si­tua­zio­ne in cui ver­sa la sa­ni­tà tren­ti­na. Dal mio pun­to di vi­sta, ab­bia­mo una sa­ni­tà a due fac­ce. La pri­ma è quel­la da lei de­scrit­ta, che toc­ca sul vivo i cit­ta­di­ni con pe­san­ti ri­ca­du­te sul­la va­lu­ta­zio­ne del si­ste­ma sa­ni­ta­rio. Per­ché se si scan­ti­na sul­le li­ste d’at­te­sa la per­ce­zio­ne è di tro­var­si den­tro una sa­ni­tà «ma­la­ta», po­co or­ga­niz­za­ta, per nul­la ras­si­cu­ran­te. In ta­le di­re­zio­ne l’azio­ne po­li­ti­ca de­ve quin­di es­se­re mag­gior­men­te in­ci­si­va, il che og­gi non è. Ciò pre­mes­so — e qui ar­ri­via­mo all’al­tra fac­cia — il si­ste­ma tren­ti­no, pur nel­le sue pa­le­si dif­fi­col­tà quo­ti­dia­ne, rap­pre­sen­ta an­co­ra un’ec­cel­len­za. Po­trei di­lun­gar­mi sul­la pro­fes­sio­na­li­tà del per­so­na­le me­di­co e in­fer­mie­ri­sti­co, fac­cio in­ve­ce ri­fe­ri­men­to all’ac­cor­do sti­pu­la­to l’al­tro gior­no tra Tren­to e Fi­ren­ze sull’on­co­lo­gia pe­dia­tri­ca. Un pas­so im­por­tan­te per ren­de­re sem­pre più ope­ra­ti­va Pro­ton­te­ra­pia, un pro­get­to che si tra­sci­ne­rà sem­pre die­tro gran­di po­le­mi­che, ma che ades­so esi­ste e va fat­to fun­zio­na­re al me­glio. L’obiet­ti­vo è sal­va­re vi­te uma­ne, di­men­ti­car­se­lo sa­reb­be im­per­do­na­bi­le.



domenica 22 aprile 2018

L’economia illegale vale 378 miliardi, di cui 112 al Sud.

L’economia non osservata — illegale e sommersa —  tra il 1991-2015 è stata pari 24,9% del pil; in ex aequo troviamo la Spagna dove il sommerso ha raggiunto in media il 24,5% del prodotto interno lordo. Peggio di Roma e Madrid tra le maggiori economie di Eurolandia, ha fatto solo la Grecia, Paese di cui è noto l’alto tasso di evasione dei suoi contribuenti, con il 27% di economia illegale rispetto al prodotto interno lordo nello stesso arco di tempo. Il Portogallo si è fermato ad una media del 21,8%; la Francia del 14%, mentre in Germania l’economia illegale media è stata pari all’11,9%. Tra i virtuosi nel Vecchio Continente, il Lussemburgo dove la shadow economy si è fermata in media al 10,6% del pil, stesso livello più o meno in Olanda con il 10,7%. Ma è l’Austria il Paese che ha segnato la quota media più bassa d’Europa per attività non dichiarate con l’8,9% tra il 1991-2015. Ha fatto ancora meglio – ma fuori dall’Ue – la Svizzera con il livello medio più basso del mondo, al 7,2%. In Gran Bretagna il sommerso ha raggiunto una media l’11% del pil, mentre negli Usa si è fermato all’8,3% del pil.

Purtroppo in questi giorni di trattativa per un nuovo governo, nessun partito ha mai parlato di una seria e feroce lotta alla evasione fiscale (anche Sibilia del M5S come si vede dalla foto sotto, nei sei punti, non ne parla).


sabato 21 aprile 2018

Ti vendo armi ma resta segreto...ora non piú in Svizzera.

Gli affari si fanno e non se ne parla. 
Soprattutto se si tratta di armi la discrezione elvetica è granitica: sapere quale azienda esporta armi, quale tipo e verso quale Paese diventa un percorso ad ostacoli. I funzionari si irrigidiscono e diventano muri di gomma. 
Ebbene, c’è voluta una sentenza del Tribunale amministrativo federale per aprire i cassetti della Segreteria di Stato dell’Economia (Seco). La Seco dovrà fornire a un giornalista della ‘Wochenzeitung’ la lista delle società residenti in Svizzera che nel 2014 hanno fatto richiesta di esportazione di materiale bellico.
La Corte federale ha inoltre ricordato il ruolo dei media che danno un contributo notevole al controllo dell’attività dell’amministrazione. Media come cani da guardia di chi gestisce il potere e della democrazia ma che spesso restano fuori dalla porta, in attesa sullo zerbino. 
Più occhi vigilano, meglio è per tutti. Ci aiuta la legge federale sulla trasparenza che consente a ciascuno (non solo ai giornalisti!) l’accesso ai documenti ufficiali al fine di contribuire all’informazione del pubblico. La realtà è che varie amministrazioni tengono i loro dossier sigillati anche quando dovrebbero aprirli. Ciascuno può far valere i propri diritti sollecitando quella trasparenza che altrimenti rischia di restare solo un articolo di legge. L’iter può essere lungo e scoraggiare alcuni, ma vale la pena provarci, perché solo così cambierà la mentalità di tanti funzionari. (laregione apr 2018)

Quanto sopra in Svizzera e da noi, in Italia?

Il 23 dicembre 2016 è entrato in vigore il cosiddetto Foia (Freedom of Information Act), la nuova disciplina che regolamenta l’accesso agli atti amministrativi e permette a tutti i cittadini di visionare atti e documenti della pubblica amministrazione. Eccezion fatta per alcuni casi in particolare, in cui la PA può rifiutarsi.
In particolare, l’istanza di accesso può essere respinta in caso di necessità di ordine pubblico superiore (segreto di Stato, sicurezza pubblica, difesa militare, stabilità finanziaria ed economica dello Stato) e di tutela della privacy (protezione dei dati personali, libertà di corrispondenza, diritto d’autore e anche segreti commerciali).

Inoltre, le normative estere spesso affermano,  il principio dell’interesse pubblico prevalente, secondo cui le Pubbliche Amministrazioni debbono valutare se l’interesse pubblico alla conoscenza non sia prevalente rispetto all’interesse che viene protetto escludendo i documenti dall’accesso. 
L’inclusione di tale principio nella normativa italiana avrebbe potuto offrire una necessaria guida ai funzionari che si troveranno ad applicare la norma.


In pratica da noi, per i parlamentari di centro-sinistra che hanno approvato la legge, non esiste l´interesse pubblico prevalente. 
Non sapremo mai quali aziende esportano armi e a chi, ma non sapremo nai neanche il bilancio di un Ospedale.




venerdì 20 aprile 2018

Osservazione in incognito

Scoprire sprechi, inefficienze, dovrebbe essere un obiettivo di molte organizzazioni e istituzioni.. Uno tra gli strumenti più efficaci, anche se poco utilizzato, è l’osservazione in incognito”.
Uno degli esempi piú famosi, il controllo dei Tassisti a Praga.
Da anni i turisti, risorsa fondamentale della città di Praga, sostenevano che prendere un taxi equivaleva a farsi rapinare: tassametri truccati, costi spropositati, cambio sfavorevole se si voleva pagare in euro. Tanto che il sito dell’ambasciata australiana avvertiva i suoi connazionali del pericolo e un parlamentare tedesco, anche lui vittima, aveva protestato ufficialmente. Anche la stampa locale aveva ripetutamente denunciato questa grave situazione.
Un bel giorno del marzo del 2005, l’allora sindaco di Praga (Pavel Bém ― uno psichiatra) decide di controllare di persona e si camuffa da elegante turista italiano: scuriti e imbrillantinati i capelli, indossato un paio di occhiali neri, per un intero pomeriggio è salito su decine di taxi. Con sua grande sorpresa, il sindaco spese dalle cinque alle sette volte più del dovuto!
Quindi prese immediatamente provvedimenti nei confronti dei tassisti.
Poi a un anno di distanza il sindaco volle controllare se la situazione fosse nel frattempo migliorata. Si è travestito da rockstar: abiti eccentrici, occhiali scuri, baffi e pizzo a là Frank Zappa. E’ nuovamente salito sui taxi per un pomeriggio e ha scoperto che, questa volta, i tassisti si limitavano a chiedere soltanto il doppio del dovuto. Un netto miglioramento, non c’è che dire!

Non sappiamo se l´Azienda SAD di Bolzano abbia letto e compreso la forza dello strumento di verifica in incognito, sta di fatto che alcuni giorni fa sui giornali, abbiamo letto che 50 passeggeri come agenti in incognito, effettueranno delle ricognizioni per conto dellÁzienda. La SAD, come spiega il direttore Vettori, conta su queste iniziative per avere indicazioni obiettive e concrete su eventuali irregolaritá dei propri servizi di trasporto.

Ecco forse non hanno compreso fino in fondo l´esperienza storica fatta finora. La verifica in incognito é utlilissima, ma va fatto da chi detiene il potere, in questo caso il direttore Vettori, in modo da poter prendere immediate misure senza dover sottostare a relazioni di dirigenti, a contrattazioni piú o meno lunghe con in sindacati, con le forze politiche ecc.
E dopo aver preso i necessari provvedimenti, tornare -sempre in incognito- a verificare se hanno avuto dei miglioramenti.
In fondo il direttore Vettori puó ben assentarsi delle mattine o dei pomeriggi dal lavoro d´ufficio e osservare con i propri occhi e sentire con le proprie orecchie le lamentele dei viaggiatori.

Infatti, come sopra detto, il responsabile sindacale del comparto trasporti ha bollato subito l´ini-ziativa come deplorevole, in quanto i viaggiatori vengono aizzati contro i lavoratori.



giovedì 19 aprile 2018

"Israele è una fortezza, ma non è ancora una casa": il discorso del Memorial Day di David Grossman agli israeliani e ai palestinesi in lutto.

L'autore David Grossman, il cui figlio Uri è stato ucciso durante la guerra del Libano del 2006 e che giovedì riceverà il Premio israeliano per la letteratura 2018, ha indirizzato agli israeliani e ai palestinesi in lutto ad un altro Memorial Day il 17 aprile 2018, questo discorso (da Haaretz).

Cari amici, buona sera.

C'è molto rumore e trambusto nella nostra cerimonia, ma non dimentichiamo che, soprattutto, questa è una cerimonia di commemorazione e comunione. Il rumore, anche se è presente, è al di là di noi ora, perché nel cuore di questa sera c'è un silenzio profondo - il silenzio del vuoto creato dalla perdita.
La mia famiglia e io abbiamo perso Uri in guerra, un uomo giovane, dolce, intelligente e divertente. Quasi dodici anni dopo è ancora difficile per me parlare di lui pubblicamente.
La morte di una persona amata è in realtà anche la morte di una cultura privata, intera, personale e unica, con un suo linguaggio speciale e il suo segreto, e non sarà mai più, né ce ne sarà un altro simile.
È indescrivibilmente doloroso affrontare quel decisivo "no". Ci sono momenti in cui quasi risucchia tutto il "avere" e tutto il "sì". È difficile ed estenuante combattere costantemente contro la gravità della perdita.
È difficile separare la memoria dal dolore. Fa male ricordare, ma è ancora più spaventoso dimenticare. E com'è facile, in questa situazione, cedere all'odio, alla rabbia e alla volontà di vendicarsi.
Ma trovo che ogni volta che sono tentato dalla rabbia e dall'odio, sento immediatamente che sto perdendo il contatto vivente con mio figlio. Qualcosa là è sigillato. E sono arrivato alla mia decisione, ho fatto la mia scelta. E penso che quelli che sono qui stasera - abbiano fatto la stessa scelta.
E so che nel dolore c'è anche il respiro, la creazione, il fare bene. Quel dolore non isola ma si connette e rinforza. Qui, anche i vecchi nemici - israeliani e palestinesi - possono connettersi tra loro per il dolore, e anche per questo.
Ho incontrato parecchie famiglie in lutto negli ultimi anni. Ho detto loro, nella mia esperienza, che anche quando sei nel cuore del dolore dovresti ricordare che ogni membro della famiglia può piangere nel modo in cui vogliono, nel modo in cui sono e nel modo in cui la loro anima dice loro di .
Nessuno può istruire un'altra persona su come lamentarsi. È vero per una famiglia privata, ed è vero per la più grande "famiglia in lutto".
C'è una forte sensazione che ci connette, una sensazione di un destino comune, e il dolore che solo noi conosciamo, per cui non ci sono quasi parole là fuori, nella luce. Ecco perché, se la definizione di "famiglia in lutto" è genuina e onesta, si prega di rispettare il nostro modo. Merita il rispetto. Non è un percorso facile, non è ovvio, e non è privo di contraddizioni interne. Ma è il nostro modo di dare un significato alla morte dei nostri cari e alle nostre vite dopo la loro morte. Ed è il nostro modo di agire, di fare - non disperare e non desistere - così che un giorno, in futuro, la guerra svanirà, e forse cesserà completamente, e inizieremo a vivere, a vivere una vita piena, e non solo sussistendo dalla guerra alla guerra, dal disastro al disastro.
Noi, israeliani e palestinesi, che nelle guerre tra noi hanno perso quelli più cari a noi, forse, delle nostre stesse vite, siamo condannati a toccare la realtà attraverso una ferita aperta. Quelli feriti in quel modo non possono più nutrire illusioni. Quelli feriti come questo sanno quanta vita è fatta di grandi concessioni, di infiniti compromessi.
Penso che il dolore ci renda noi, coloro che sono qui stasera in persone più realistiche. Siamo chiari, ad esempio, su cose relative ai limiti del potere, relative alle illusioni che accompagnano sempre chi ha il potere.
E siamo più preoccupati, più di quanto lo eravamo prima del disastro, e siamo pieni di odio ogni volta che riconosciamo un'esibizione di vuoto orgoglio, o slogan di nazionalismo arrogante, o dichiarazioni altezzose dei leader. Siamo più che diffidenti: siamo praticamente allergici. Questa settimana, Israele festeggia 70 anni. Spero che celebreremo molti altri anni e molte altre generazioni di bambini, nipoti e pronipoti, che vivranno qui insieme a uno stato palestinese indipendente, in modo sicuro, pacifico e creativo, e - cosa più importante - in una routine quotidiana serena , in buon vicinato; e si sentiranno a casa qui.
Cos'è una casa?
La casa è un luogo le cui mura - i confini - sono chiare e accettate; la cui esistenza è stabile, solida e rilassata; i cui abitanti conoscono i suoi codici intimi; le cui relazioni con i suoi vicini sono state risolte. Proietta il senso del futuro.
E noi israeliani, anche dopo 70 anni - non importa quante parole gocciolanti di miele patriottico verranno pronunciate nei prossimi giorni - non siamo ancora là. Non siamo ancora a casa. Israele è stato creato in modo che il popolo ebraico, che non si è quasi mai sentito a casa nel mondo, abbia finalmente una casa. E ora, 70 anni dopo, Israele forte potrebbe essere una fortezza, ma non è ancora una casa.
La soluzione alla grande complessità delle relazioni israelo-palestinesi può essere riassunta in una breve formula: se i palestinesi non hanno una casa, anche gli israeliani non avranno una casa.
È anche vero il contrario: se Israele non sarà una casa, allora nemmeno la Palestina.
Ho due nipoti, hanno 6 e 3 anni. Per loro, Israele è evidente. È ovvio per loro che abbiamo uno stato, che ci sono strade e scuole e ospedali e un computer all'asilo, e una lingua ebraica vivente e ricca.
Appartengo a una generazione in cui nessuna di queste cose è data per scontata, e questo è il posto da cui vi parlo. Dal fragile luogo che ricorda vividamente la paura esistenziale, così come la forte speranza che ora, finalmente, siamo tornati a casa.
Ma quando Israele occupa e opprime un'altra nazione, per 51 anni, e crea una realtà di apartheid nei territori occupati, diventa molto meno una casa.
E quando il Ministro della Difesa Lieberman decide di impedire ai palestinesi amanti della pace di partecipare a un raduno come il nostro, Israele è meno ospitale.
Quando i cecchini israeliani uccidono dozzine di manifestanti palestinesi, la maggior parte di loro civili - Israele è meno di una casa.
E quando il governo israeliano tenta di improvvisare accordi discutibili con l'Uganda e il Ruanda, ed è disposto a mettere in pericolo la vita di migliaia di richiedenti asilo e li espelle verso l'ignoto - per me, è meno di una casa.
E quando il primo ministro diffama e incita le organizzazioni per i diritti umani, e quando cerca modi per emanare leggi che eludono l'Alta Corte di Giustizia, e quando la democrazia e le corti sono costantemente messe in discussione, Israele diventa persino un po 'meno di una casa -per tutti.
Quando Israele trascura e discrimina i residenti ai margini della società; quando abbandona e indebolisce continuamente gli abitanti del sud di Tel Aviv; quando indurisce il cuore alle piaghe dei deboli e dei senza voce: sopravvissuti all'Olocausto, famiglie bisognose, monoparentali, anziani, pensioni per bambini rimossi dalle loro case e ospedali fatiscenti - è meno di una casa. È una casa disfunzionale.
E quando trascura e discrimina 1,5 milioni di cittadini palestinesi di Israele; quando praticamente rinuncia al grande potenziale che hanno per una vita condivisa qui - è meno di una casa - sia per la minoranza che per la maggioranza.
E quando Israele toglie di mezzo l'ebraicità di milioni di ebrei riformati e conservatori - ancora una volta diventa meno casa. Ogni volta artisti e creatori devono dimostrare - nelle loro creazioni - lealtà e obbedienza, non solo allo stato ma al partito di governo - Israele è meno di una casa.
Israele è doloroso per noi. Perché non è la casa che vogliamo che sia. Riconosciamo la grande e meravigliosa cosa che ci è accaduta, avendo uno stato, e siamo orgogliosi delle sue realizzazioni in molti settori, nell'industria e nell'agricoltura, nella cultura e nell'arte, nell'IT, nella medicina e nell'economia. Ma sentiamo anche il dolore della sua distorsione.
E le persone e le organizzazioni che sono qui oggi, specialmente il Forum delle famiglie e Combattenti per la pace, e molti altri come loro, sono forse quelli che contribuiscono maggiormente a fare di Israele una casa, nel senso più completo del termine.
E voglio dire qui, che metà del denaro del Premio Israele che riceverò dopodomani, ho intenzione di donare e dividere tra il Forum delle Famiglie e l'organizzazione Elifelet, che si occupa dei figli dei richiedenti asilo - quelli i cui giardini d'infanzia sono soprannominati "magazzini per bambini". Per me, questi sono gruppi che svolgono un lavoro sacro, o meglio - fanno le cose semplicemente umane che il governo stesso dovrebbe fare.
Casa.
Dove vivremo una pace e una vita sicura; una vita chiara; una vita che non sarà resa schiava - da fanatici di ogni tipo - ai fini di una visione totale, messianica e nazionalista. Casa, i cui abitanti non saranno il materiale che infiamma un principio più grande di loro e presumibilmente al di là della loro comprensione. Quella vita in essa sarebbe stata misurata nella sua umanità. Che all'improvviso una nazione si sveglierà al mattino e vedrà che è umano. E che quell'umano sentirà di vivere in un luogo incorrotto, connesso, veramente egualitario, non aggressivo e non avaro. In uno stato che si basa semplicemente sulla preoccupazione per la persona che vive al suo interno, per ogni persona che vive al suo interno, per compassione e fuori tolleranza per tutte le molte dialettiche dell '"essere israeliano". Perché "Queste sono le parole viventi di Israele".
Uno stato che agirà, non su impulsi momentanei; non in infinite convulsioni di trucchi, strizzatine d'occhio e manipolazioni; e investigazioni della polizia, e zig-zag, e flip-flop all'indietro. In generale, vorrei che il nostro governo fosse meno subdolo e più saggio. Si può sognare. Si possono anche ammirare i risultati. Israele vale la pena combattere. Desidero anche queste cose per i nostri amici palestinesi: una vita di indipendenza, libertà e pace e la costruzione di una nuova nazione riformata. E mi auguro che tra 70 anni i nostri nipoti e pronipoti, sia palestinesi che israeliani, staranno qui e ognuno canterà la loro versione del loro inno nazionale.
Ma c'è una battuta che potranno cantare insieme, in ebraico e in arabo: "Essere una nazione libera nella nostra terra", e quindi forse, alla fine, sarà una descrizione realistica e accurata, per entrambe le nazioni.

mercoledì 18 aprile 2018

Fondi Europei. L´Alto Adige é al pari della Sicilia e dell´Abruzzo utilizzo zero euro.

L’Italia è seconda in Ue per fondi strutturali ricevuti da Bruxelles, ma è sestultima su 28 per utilizzo dei soldi ricevuti. Fa meglio la Polonia di gran lunga il primo beneficiario europeo, mentre dietro la Penisola si trovano Spagna e Romania, rispettivamente terzo e quarto maggiori beneficiari.

Si non riusciamo a utilizzare tutti i fondi Europei a disposizione, ma leggere che per quanto riguarda il Fesr (sviluppo regionale) l’Alto Adige risulta a zero con Sicilia e Abruzzo, fa venire i brividi.
L´Alto Adige é al pari del Sud, per incapacitá e organizzazione nel non riuscire o volere a utilizzare i Fondi.  
Di mese in mese, l’Italia rischia di perdere milioni di euro di fondi strutturali europei che autorità nazionali e regionali non stanno spendendo sul territorio nella misura concordata. 
La necessità di recuperare il tempo perso, accelerando decisamente il ritmo di spesa dei fondi europei, nasce dalle nuove regole in vigore. Norme che, nell’ambito del quadro finanziario 2014-2020, obbligano le autorità di gestione nazionali a rendicontare una spesa che raggiunga i target minimi concordati per ogni programma entro una certa data. Se ciò non avverrà entro la fine dell’anno, scatterà il disimpegno automatico e, salvo diverse intese «ad hoc» dell’ultima ora, l’Italia perderà i fondi non spesi.
Per quanto riguarda le regioni, i dati migliori sulla spesa sono dell’Emilia-Romagna, che con il suo 17% è prima in Italia sul Fesr ed è terza per il Fse (20%). La media italiana di soldi Fesr spesi e rimborsati dall’Ue è appena del 4,57% sui quasi 34 miliardi previsti per il 2014-2020 (media Ue 9,74%), mentre per il Fse il Paese è fermo al 7% dei 17,7 mld totali (media Ue 12%). Restando nell’ambito del Fesr, che rappresenta la fetta più consistente dei fondi Ue, le uniche regioni che con l’Emilia-Romagna sono in doppia cifra sulla spesa sono Valle d’Aosta (14%) e Toscana (10%). Risultano ferme a percentuali intorno allo zero Sicilia, Abruzzo e Alto Adige, 
In Alto Adige i problemi erano esplosi nel settennato 2007-2013 del Fse, per il quale risultano ancora 178 progetti aperti, per i quali i promotori non hanno ancora ricevuto i versamenti. Negli ultimi tempi la Provincia è corsa ai ripari correggendo gli errori formali del passato, ma evidentemente la strada è ancora lunga.






martedì 17 aprile 2018

Val Brembana: una valle tradita e saccheggiata.

"Eravamo pronti a partire. Tutti qui erano pronti ad andare a Roma. La tensione era altissima", ricorda un uomo piccolo con una giacca verde e un Carroccio all' occhiello. "Eravamo armati, sì, ma solo di rabbia; era con le idee che volevamo cambiare", dice un vecchio con la barba rossa. "Le armi? No, non le avevamo. Ma se fossero servite le avremmo trovate"
Scenderemmo dalle valli del nord e una volta arrivati alla Padania saremmo già milioni di persone. Nessuno riuscirebbe a fermarci, neanche l' esercito. Davanti a una rivolta popolare non ci son santi che tengano". E' lo zoccolo duro della Lega, quello della Val Brembana, quello che seguiva ciecamengte Bossi.
Il quale in una intervista al Corriere dichiarava «Se la sinistra vuole scontri, io ho 300mila uomini. I fucili sono sempre caldi», attaccaccando l'opposizione del Centro-Sinistra».

Ma le stagioni passavano e  Bossi non chiamó mai i "Bergamaschi della Val Brembana" per scendere a Roma; preferí usare a scopo personale i soldi pubblici della Lega, insieme al tesoriere Belsito che li portó all´estero in Tanzania e Cipro, acquistando persino diamanti.

Cosí i poveri bergamaschi sentendosi traditi, si strinsero intorno ad altri uomini, se non generali, pur sempre capitani.

Nelle amministrative del 2014 riconfermarono il sindaco Giuseppe Berera a Foppolo, l'unico candidato sindaco, dandogli il 100% dei voti (con una affluenza alle urne del 78,88%).

Ma ancora una volta il destino cinico e baro era in agguato per i poveri bergamaschi.
Ieri hanno dovuto ascoltare prima le voci dei paesani e poi leggere anche sui giornali dellárresto del loco sindaco, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, bancarotta e turbativa d’asta.
E questa volta i soldi, secondo l´accusa, sono finiti anche a Hong Kong.

Insomma erano pronti a partire contro Roma Ladrona, ma non si sono accorti che si rubava anche in Val Brembana.
 



BASSETTI: e questo sarebbe un buon ministro?

  Ma come? Da aprile 2020? Ma non c'era il protocollo della Tachipirina e Vigile Attesa del ministero della Salute? Ma non eri tu che ca...