giovedì 5 aprile 2018

Il Reddito di Cittadinanza non andrebbe dato (per non fare aumentare il senso di colpa dei poveri ???)

Secondo le ultime stime del presidente dell´INPS, Boeri - alquanto ballerine, servirebbero circa 35-38 miliardi - l´anno scorso indicava il fabbisogno in 30 miliardi -
In tutti i dibattiti politici, nelle trasmissioni televisive, nelle redazioni dei giornali...tutti hanno strillato, si sono strappati i vestiti nel spergiurare, demonizzare tale ipotesi politica, perché mancherebbero le coperture finanziarie. Insomma una siffatta legge non troverebbe mai le risorse per essere applicata. E' una questione matematica, ci dicono tutti.
Forse tutti costoro avranno anche ragione nell´affermare che l´eventuale provvedimento necessita di tanti soldi.
Ma hanno tutti torto per il silenzio che hanno adottato come sistema, nel non dirci che altrettanti soldi se non di piú escono prima dalle tasche degli italiani e poi dalle casse dello stato.
Esempi:
- costi generali x la politica                25    miliardi
- soldi per armamenti                          5,9  miliardi
- soldi ai cappellani militari                0,2  miliardi
- soldi per 80 euro dati agli occupati   9    miliardi
- soldi regalati alle banche (2017)     30    miliardi
- soldi regalati alle banche venete    11    miliardi
- soldi sprecati con le auto blu            0,4  miliardi
- soldi senza fine per Alitalia              7,5 miliardi   (fino al 2015)
- soldi regalati all´editoria                                       20 milioni
- soldi regalati ai partiti come finanziamento          52 milioni
- vitalizi parlamentari                                            170 milioni

Ecco i soldi per il Reddito di Cittadinanza, si possono trovare, basterebbe tagliare un pó questi sprechi.

Il problema non sono i soldi...ma l´idea secondo la quale la povertá é una colpa.
E per questo non bisogna darlo.

Secondo il filosofo Raoul Kirchmayr, l’idea del reddito appariva dunque come progressista, democratica ed inclusiva. Presentava un unico limite pratico, seppure sostanziale, che la relegava nel territorio dell’utopia politica, soprattutto in anni di dichiarata vocazione pragmatica del discorso politico: gli alti costi di realizzazione. 
In breve, il reddito di cittadinanza diventa il sostituto “cosmetico” del diritto al lavoro. In secondo luogo, si afferma che, stanti i vincoli di spesa pubblica, il reddito di cittadinanza non può essere introdotto se non come provvedimento d’emergenza, e dunque temporaneo.
Per evitare che gli individui lo percepiscano come un diritto universale, quindi svincolato dalla contingenza del momento - leggi: la congiuntura economica - devono essere disciplinati attraverso un discorso di natura morale che si concreta in un obbligo al lavoro sottoretribuito. Il senso di questa incorniciatura è chiaro: al povero, che è tale perché escluso dal mercato del lavoro, può essere riconosciuto un diritto a reddito sussidiato solo se si piega a quella logica economica che ha fatto di lui ciò che è, cioè un povero. In questo circolo vizioso, il sostegno pubblico viene vincolato a una pedagogia moralizzatrice, alimentata dalla circolazione a senso unico di opinioni che consolidano, nella percezione collettiva, l’idea secondo la quale la povertà è una colpa.

Insomma il Reddito di Cittadinanza non va dato, perché farebbe aumentare il senso di colpa dei poveri.








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