martedì 27 marzo 2018

Milano, cittá delle cause perse (tanto pagano i cittadini)

1) La questione è banale: il Comune ha novanta giorni per notificare le multe (questo dice il codice della strada, come da modifica di legge ormai del 2010) e non può addurre cervellotiche procedure per giustificarsi quando sfora quel termine.
L’ha stabilito per primo un giudice di pace all’inizio del 2015. L’ha ribadito il Tribunale qualche mese dopo, il 10 novembre, sempre del 2015. Nonostante la linearità di queste due sentenze, il Comune ha mobilitato la sua avvocatura e si è appoggiato sullo studio romano di un legale «cassazionista» per portare fino all’ultimo, estremo grado di giudizio una battaglia legale che non aveva alcuna speranza di vincere. E infatti ora, con una sentenza depositata il 21 marzo, anche la Cassazione ha certificato l’assoluta irregolarità con la quale Palazzo Marino ha gestito un numero abnorme di contravvenzioni. 
2) La storia è quella di una lavoratrice, che da consumata pendolare ha trovato il luogo ideale dove lasciare l’auto senza dover pagare il ticket di Area C per poi proseguire a piedi o con i mezzi pubblici: le strisce bianche (ergo gratuite) disegnate sul marciapiedi, lungo la muratura Ovest dell’ex Centrale del latte. Dove, a scanso di equivoci, c’è pure una grande lettera «P» bianca in campo blu. Peccato che per gli ausiliari della sosta (impiegati Atm nella gestione delle contravvenzioni) le strisce bianche non siano sufficienti per delimitare il perimetro di una sosta regolare. Né tantomeno il cartello sovrastante, per la precisioni all’altezza del palo della luce «numero 35». Segnaletica che non sembra valere neppure per chi l’ha posta, vale a dire il Comune, che continua a costituirsi in giudizio nonostante ci siano già due sentenze che inchiodano al rimborso di multa e spese legali (43 euro). Trattasi di «posteggio libero». Recita la prima sentenza del 5 gennaio: «Il ricorso è fondato e va accolto». Aggiunge la seconda del 26 febbraio: «...si rileva come la segnaletica orizzontale e verticale (...) consentisse la sosta del veicolo».
3) Il ricorso di Milano sulla sede dell'Agenzia europea del farmaco è "manifestamente irricevibile". Lo si sostiene in un documento dell'ufficio giuridico del Consiglio della Ue che in 26 pagine illustra i motivi per cui ritiene che la richiesta del capoluogo lombardo di una sospensiva sulla decisione che riguarda l'assegnazione della sede dell'Ema non può essere accolta. Tornando alla 'memoria difensiva' del Consiglio Ue, si sostiene che il Comune di Milano ha commesso un "errore" perchè ha fatto ricorso contro la 'decisione del Consiglio dell'Unione europea'. Ma il Consiglio, si legge nel documento, "non può essere considerato l'autore della decisione impugnata, visto che è stata presa dai rappresentanti degli Stati membri". Inoltre, continua il documento, il Comune di Milano non è il destinatario dell'atto impugnato, perchè "non ha avuto alcun ruolo diretto nell'intera procedura di selezione che ha unicamente visto coinvolta la Repubblica italiana".
15 marzo: La plenaria del Parlamento europeo dá il via libera all'attribuzione ad Amsterdam della sede dell’Ema, l’Agenzia Europea del farmaco, anche se con una serie di condizioni per verificare l'effettiva realizzazione nei tempi previsti (IL RICORSO DI MILANO). Il voto di Strasburgo "è un sì condizionato a Amsterdam", ha spiegato l'eurodeputato Giovanni La Via, relatore del provvedimento: "Vogliamo che siano rispettati i tempi perché la continuità operativa dell'Agenzia è la cosa più importante che il Parlamento vuole. La sicurezza dei cittadini in termini di salute passa dall’operatività dell’Ema". Il rapporto che attribuisce la sede dell'Ema a Amsterdam è stato approvato con 507 voti a favore, 112 contrari e 37 astenuti.

Ma chi paga tutti questi ricorsi di cause perse? Noi cittadini naturalmente, mica l´amministrazione comunale, in primis il Sindaco.




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