Non è una buona notizia quella che ci arriva sui cappellani militari.
Con delibera dell’8 febbraio, il Consiglio dei Ministri informa che è stato approvato “lo schema d’Intesa tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze Armate.” Purtroppo in questa Intesa “l’inquadramento, lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina” dei cappellani militari restano quasi le stesse di prima. Unica novità: la riduzione del numero dei cappellani degli attuali 204 a 162. Gli stipendi invece rimangono gli stessi. L’ordinario militare (il cosidetto vescovo castrense), assimilato a un generale di corpo d’armata avrà 126 mila euro all’anno; per il vicario generale (generale di civisione) 104 mila euro; per il primo cappellano capo (maggiore) 48 mila euro e per il cappellano (capitano) 43 mila….
Lo Stato spenderà oltre dieci milioni di euro per mantenere i preti con le stellette.
Ora l’Intesa “sarà sottoposta alla firma delle due Parti, Stato e Santa Sede e il suo contenuto dovrà essere recepito con apposito disegno di legge” del Parlamento. L’iter è ancora lungo, il Parlamento potrebbe ancora non ratificarlo.
Dopo anni di contestazione dei cappellani militari sia da parte laica come da parte ecclesiale (preti e vescovi inclusi!), perché con Gentiloni si é arrivati a una tale Intesa.
Questa la posizione di Papa Francesco: per assistere spiritualmente i soldati, non servono sacerdoti con i gradi.
Ma allora, se questo è quanto pensa il Papa, chi ha voluto questa Intesa?
Forse la Conferenza Episcopale Italiana? O forse l’ordinario militare, il vescovo responsabile dei cappellani militari?
Chiunque l´abbia deciso, questa decisione è in chiaro contrasto con il magistero di Papa Francesco contro la guerra e in favore della nonviolenza attiva.
Ma è in contrasto soprattutto con il Vangelo perché l’Intesa integra i cappellani nelle Forze Armate d’Italia sempre più impegnate a fare guerra “ovunque i nostri interessi vitali siano minacciati”, come recita il Libro Bianco della Difesa della Ministra Pinotti. E’ questo che è avvenuto nelle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia. E per fare questo, il bisogno di armarsi fino ai denti, arrivando a spendere lo scorso anno in Difesa 25 miliardi di euro, pari a 70 milioni di euro al giorno.
Tutto questo è in profondo contrasto con quanto ci ha insegnato Gesù.
Per cui diventa una profonda contraddizione avere sacerdoti inseriti in tali strutture.
Pax Christi rammenta anche le parole di don Tonino Bello, a 25 anni dalla sua morte, che nel 1992 riguardo al tema dei cappellani militari, si dichiarava «sensibile soprattutto ai costi relativi alla credibilità evangelica ed ecclesiale». «Per lui, e per noi, è necessario mantenere un servizio “pastorale” distinto dal ruolo militare. “Accade già nelle carceri”, osservava: “non si vede per quale motivo non potrebbe accadere anche nelle forze armate. Cappellani sì, militari no”».
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