Matteo Renzi, nel 2013 faceva parte della Direzione del PD. E nel programma elettorale approvato dal PD, punto 4 in merito al lavoro si leggeva tra l´altro:
* La nostra visione assume il lavoro come parametro di tutte le politiche. Cuore del nostro progetto è la dignità del lavoratore da rimettere al centro della democrazia, in Italia e in Europa.
* Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari.
* Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che, rimasti orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro.
Ma una volta andato al governo, Renzi ha approvato il Jobs Act.
Poi, non contento, ha stipulato accordi segreti con le multinazionali per far diminuire le imposte, con vantaggi fiscali enormi. Ma la lista di chi ne ha approfittato è ancora segreta. Dalle carte riservate dell’Unione Europea emerge che nel 2015 l’Italia ha dimezzato le imposte a 68 grandi gruppi multinazionali, tra i quali: Philip Morris, Michelin, Microsoft...
E in diverse occasioni pubbliche ha dichiarato:
Il Jobs Act è una misura di sinistra, crea le condizioni per il lavoro a tempo indeterminato. L'articolo 18 era un blocco. “Nessun governo ha fatto quello che abbiamo fatto noi per rispondere alle esigenze di Confindustria”
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