Quando i riflettori del grande cinema mediatico si saranno spenti, del coronavirus Covid-19 resterà un auto-ironico ricordo: scuole chiuse, coprifuoco nei bar, interdizione degli incontri pubblici, stop alle attività universitarie, paesi in quarantena presidiati dalle forze dell’ordine, cancellazione del carnevale, quaresima virtuale, supermercati presi d’assalto, cartelli in farmacia con scritto “mascherine esaurite”, divieto di sposarsi con gli amici (solo sposi, prete e testimoni), amuchina a 100 euro a barattolo su e-bay. Ma quel giorno, ripensando a tutte queste cose, invece di sorridere dovremmo farci qualche domanda molto seria. Che proviamo ad anticipare al dottor Luigi Macchi, infettivologo, il medico che ha guidato in Regione Lombardia l’unità operativa di prevenzione negli anni della sars, della viaria e della pandemia influenzale da virus H1N1, cioè colui che le ultime epidemie le ha combattute (e vinte) tutte, sul campo ovviamente e non davanti alle telecamere.
Dottor Macchi, non ha l’impressione che si stia un po’ esagerando con il coronavirus?
“Nelle precedenti epidemie e cioè la sars del 2003 e 2004, l’aviaria del 2005 e la pandemia influenzale da H1N1 del 2009, cioè l’ultima grande epidemia, non furono mai adottati provvedimenti di questo tipo. Eppure si trattava di infezioni gravi, qualcuna addirittura più grave di quella da coronavirus. E siamo riusciti a controllarle senza eccessi. Quando si affrontano le emergenze sanitarie bisognerebbe sempre tenere conto dell’esperienza derivante da infezioni precedenti. Nel 2003, con la sars la situazione era simile a quella attuale. Oggi avrei fatto semplicemente ciò che fu fatto allora”.
E cioè?
“Avrei adottato provvedimenti per tutelare sì la salute, che è il bene primario, ma considerando anche le ricadute di tali provvedimenti, perché – se non si tiene conto delle conseguenze – si rischiano di fare danni peggiori di un’infezione”.
Sta dicendo che forse alcuni provvedimenti sono un tantino eccessivi?
“Sto dicendo che non si devono adottare provvedimenti senza valutare attentamente le ricadute. E soprattutto senza valutare il rapporto costi sociali – benefici di tali provvedimenti. Mi spiego meglio. La pandemia influenzale da virus H1N1 del 2009 colpiva prevalentemente i più giovani. Il coronavirus invece mostra la sua letalità sulle fasce di popolazione più anziana e affetta da altre patologie di tipo respiratorio, cardiaco, metabolico. I provvedimenti da adottare dovrebbero quindi essere indirizzati alla tutela delle categorie sociali a rischio. Avrebbe avuto più senso chiudere tutte le scuole nel 2009 invece che oggi, soprattutto in regioni dove ci sono stati solo un paio di casi”.
Eccesso di prudenza?
“Dico solo che forse ci sarebbero aspetti differenti da valutare, che non sono solo le ricadute sociali, familiari, lavorative ed economiche ma anche l’efficacia di alcuni provvedimenti che generano grandi titoli sui giornali ma, francamente, sono piuttosto opinabili, o quantomeno non proteggono così efficacemente le categorie più a rischio”.
Sono in molti a chiedersi se forse non si stia un po’ esagerando. In fondo il covid-19 è una influenza più forte delle altre, o no?
“Il coronavirus è sicuramente virulento. Fra i casi confermati in laboratorio, il 17% vengono definiti gravi e la letalità varia dal 4 al 14 percento. Quindi stiamo parlando di una infezione decisamente importante. Ma se questi dati saranno confermati nel tempo, risulterà un’epidemia meno pericolosa della sars. La sars fu più letale, e del resto i due virus sono imparentati, con possibilità di trasmissione molto elevata. Ma mentre la la sars aveva un decorso clinico che colpiva principalmente i giovani, il coronavirus è letale principalmente per gli anziani e per chi soffre già di patologie gravi. Ecco perché dicevo di tutelare soprattutto la popolazione più esposta, con provvedimenti mirati, senza creare inutili disagi alla popolazione in generale. In passato abbiamo agito in questo modo, con virus ancor più pericolosi, e abbiamo controllato con successo tutte le precedenti epidemie. Nella gestione iniziale di una emergenza sanitaria, le decisioni devono essere prudenti”.
Insomma, cosa dobbiamo fare secondo lei?
“Adottare le semplici misure di prevenzione universale, che sono il caposaldo fondamentale per combattere ogni epidemia. Cioè lavarci le mani, sanificare gli ambienti con comuni sanificanti come ipoclorito sodio, etanolo, alcol, adottare le corrette norme di comportamento, come parlare a distanza ragionevole dalle persone che incontriamo ecc, ed evitare le psicosi da mascherina o da amuchina”.
Pare che ci sia molta confusione…
“Sì assolutamente. L’informazione è caotica e la gente non riesce ad orientarsi. Vedo persone con addosso la mascherina, che poi si dimentica di lavare le mani. Non ci siamo”.
C’è chi dice che fra un mese non se ne parlerà più…
“Possibile. Anche perché la comunicazione, nel caso del coronavirus, ha avuto e ha tuttora un ruolo chiave. E anche questo è un elemento che va considerato quando si adottano provvedimenti”.
E’ possibile che il virus circoli da settimane e che molti di noi se lo siano già preso e siano anche già guariti?
“Assolutamente sì. La circolazione del virus non si ferma davanti ai bollettini che vengono forniti di ora in ora in internet. E’ noto infatti che molti vengono infettati da virus, qualsiasi tipo di virus, e superino tranquillamente l’infezione in modo asintomatico, vuoi perché hanno buone difese immunitarie, vuoi perché la carica infettiva è scarsa. Nelle patologie infettive virali non è detto che al periodo di inclubazione segua un decorso clinico. Quindi sì, è assolutamente possibile, anzi probabile, che molte persone siano entrate in contatto con il coronavirus senza riportare segni clinici. E dunque siano guarite, senza finire sui giornali”.
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